qb, Kunsthalle Chiavari, Genova, 2023
Kunsthalle Chiavari ha iniziato il programma 2023 con un intervento di Alessia Armeni che con qb - titolo che rimanda alla necessaria e sufficiente quantità di un elemento in una ricetta e onomatopeicamente richiama il suono della parola “cubi”, in riferimento ai lavori presenti - instaura un dialogo in divenire con le superfici dello spazio espositivo.
Processi di materializzazione del pensiero nel suo farsi trovano forma nella stesura minuziosa e analitica del colore sulla tela così come nel processo di decostruzione di un noto rompicapo, spostato di significato e reso impossibile da risolvere, posto come un interrogativo al centro del doppio sguardo che lo attraversa.
Paola Pietrovave
Kunsthalle Chiavari ha iniziato il programma 2023 con un intervento di Alessia Armeni che con qb - titolo che rimanda alla necessaria e sufficiente quantità di un elemento in una ricetta e onomatopeicamente richiama il suono della parola “cubi”, in riferimento ai lavori presenti - instaura un dialogo in divenire con le superfici dello spazio espositivo.
Processi di materializzazione del pensiero nel suo farsi trovano forma nella stesura minuziosa e analitica del colore sulla tela così come nel processo di decostruzione di un noto rompicapo, spostato di significato e reso impossibile da risolvere, posto come un interrogativo al centro del doppio sguardo che lo attraversa.
Paola Pietrovave
Cubo di Rubik, 2017 plastica con vinile adesivo stampato, h 5,6 cm.
Il cubo di Rubik, gioco/rompicapo degli anni ‘80, è sottoposto a un processo di disidentificazione tramite un intervento sul colore. I “colori segnale” che hanno nel gioco il ruolo di guida all’orientamento delle facce, sono sostituiti da una selezione di differenti tonalità di bianco, proprie di una personale ricerca sul concetto di colore. Il packaging industriale, artificio attrattivo dell’oggetto commerciale, è sostituito da una teca museale, elemento che conferisce una distanza contemplativa a un oggetto che, nel nostro immaginario, si trova in un limbo tra passato e presente, tra memoria d’infanzia e cognizione del quotidiano. Questa operazione è parte di una serie di ready-made eseguiti su oggetti-giocattolo presi come paradigma dell’origine del nostro legame affettivo ed emotivo con la forma e con gli oggetti sviluppato durante l’infanzia.
Il cubo di Rubik, gioco/rompicapo degli anni ‘80, è sottoposto a un processo di disidentificazione tramite un intervento sul colore. I “colori segnale” che hanno nel gioco il ruolo di guida all’orientamento delle facce, sono sostituiti da una selezione di differenti tonalità di bianco, proprie di una personale ricerca sul concetto di colore. Il packaging industriale, artificio attrattivo dell’oggetto commerciale, è sostituito da una teca museale, elemento che conferisce una distanza contemplativa a un oggetto che, nel nostro immaginario, si trova in un limbo tra passato e presente, tra memoria d’infanzia e cognizione del quotidiano. Questa operazione è parte di una serie di ready-made eseguiti su oggetti-giocattolo presi come paradigma dell’origine del nostro legame affettivo ed emotivo con la forma e con gli oggetti sviluppato durante l’infanzia.